Acquiescènza,
s.f.
l'essere acquiescente. SIN. arrendevolezza.
Una
parola desueta, acquiescenza.
Verso
la quale ormai abbiamo quasi perso la comprensione del significato;
un termine che sostituiamo più volentieri – al giorno d'oggi –
con il sinonimo arrendevole. Un sostantivo femminile, acquiescenza,
che per essere meglio interpretato rimanda a un aggettivo.
Acquiescènte
agg.
che
non si oppone, che accetta la volontà altrui. SIN. consenziente,
arrendevole.
Quindi
acquiescente
è colui che, accettando
la volontà altrui,
finisce per essere consenziente.
Ma perché mi è venuta voglia di trattare di una parola così, una
parola che oramai è relegata quasi solo in un linguaggio “tecnico”
o giuridico? Perché oggi si inizia a ragionare sui cosiddetti 'nuovi
reati', in un contesto mafioso in cui il legislatore è – o sarà a
breve – per forza di cose destinato a rivedere il concetto stesso
di associazione
mafiosa
e associazione
esterna.
Oggi che i pentiti possono tranquillamente dire nelle loro
dichiarazioni che ritenevano più vantaggioso (e meno rischioso)
commettere reati finanziari come la falsa fatturazione o le frodi
carosello rispetto al traffico di sostanze stupefacenti, si deve
aprire un ragionamento su cos'è la criminalità organizzata oggi. Ce
lo spiega da molti anni la professoressa Stefania
Pellegrini,
che cura a Bologna un master universitario in cui viene studiato il
fenomeno delle confische e del riutilizzo dei beni mafiosi; che in
realtà come l'Emilia Romagna o la Lombardia sono enormemente
presenti.