È un romanzo; anzi no, è un saggio. O
meglio, è una auto-biografia; anzi, ancora di più: una biografia. E
forse anche un verbale di interrogatorio. Oppure non è niente di
tutto questo; perché non è uno solo di questi “modelli”, in
quanto rappresenta una miscellanea di tutti i generi elencati.
Questione di rispetto
è semplicemente – pur per quanto sia “complicata” – la vita
di un Uomo. Non un uomo qualsiasi, ma un Uomo di Calabria. Che ha
saputo e che soprattutto ancora oggi vuole vivere in Calabria: nella
Sua Calabria. Nella Sua Palmi.
Un libro che nasce dall'incontro di due
calabresi; da una parte il protagonista del testo, Gaetano
Saffioti, imprenditore che si
trova suo malgrado a fare i conti con una realtà che lo vede
scegliere uno stile di vita che – come ci spiegherà – profuma di
Libertà anche tra mura altre quattro metri, e dall'altra un
giornalista calabrese di Locri che vive a Bologna, Giuseppe
Baldessarro, il quale ha
convinto Gaetano a raccontare a tutti non tanto la cronaca
della sua vita (quella la si può trovare su centinaia di siti), ma
le emozioni di una scelta. I sentimenti che lo hanno portato a
determinate decisioni.
Scelte e decisioni non facili; ma a un
certo punto l'imprenditore di Palmi ha capito una cosa che ora
definisce semplice: sottostare alle indicazioni della 'ndrangheta
non rappresenta la scelta più facile. E allora si decide di
scavalcare un muro, di uscire da una gabbia che non è fatta di
metallo e cemento, ma da paure ancestrali e preclusioni ataviche, che
convincono i soggetti colpiti dal cancro parassitoide che è la
'ndrangheta che non vi è una
cura. Che la 'ndrangheta
è un male incurabile. E invece c'è la cura, come ci dimostra
Gaetano.
Ed è dentro ognuno di noi; nel nostro
Cuore, negli occhi dei nostri figli, nella vicinanza e nella
comprensione dei nostri cari più sinceramente cari.
La cura contro la 'ndrangheta
ha la stessa forza del male che è destinato a sconfiggere; solo che
non crea sconquasso come invece fanno gli 'ndranghetisti.
Bruciano i camion, i quartini
e gli sgarristi;
compra scavatori nuovi, Gaetano Saffioti.
Per rispondere a
chi lo vorrebbe lontano da Palmi, immatricola i nuovi mezzi
intestandoli alla sua azienda caparbiamente ancorata a Palmi, in quel
mare tempestoso che è la Calabria.
E non
ha dubbi quando c'è da demolire la villa simbolo del clan
Pesce, a Rosarno: «Lo
faccio io e lo faccio gratis».
A condizione di poterlo fare personalmente! È questo Gaetano
Saffioti, un imprenditore che non si preoccupa del bilancio di attivi
e passivi nei confronti dello Stato. Lavora gratis per buttare giù
la villa dei Pesce, in nome dello Stato; ma lo Stato non accetta la
sua offerta di mezzi e materiali per l'opera di ricostruzione legata
al terremoto del Centro Italia. Sempre gratis. Così Stato preferisce
pagare imprese che poi – il Processo Aemilia ci insegna – vedono
nella ricostruzione post
terremoto una gallina dalle uova d'oro. E per dirla con Giovanni
Falcone: «Follow
the money...»,
seguite i soldi; e si troverà la mafia.
Ma
lo sapeva Tanino
che
sarebbe finita così; come sapeva che nel momento in cui avrebbe
deciso di denunciare, imboccando la strada della Libertà, tra lui e
“l'altra società” si sarebbe creato un muro: «...Da
quel momento in poi, Saffioti sarebbe stato da una parte e tutti gli
altri dal'altra. Lo avrebbe imparato a sue spese Gaetano. Amici,
colleghi istituzioni, politici e persino pezzi della sua stessa
famiglia non sarebbero più stati al suo fianco. Era solo... / …
Oltre a quel segno immaginario, c'era chi da quel momento in poi
l'avrebbe odiato per tutta la vita e gli ignavi. Quelli che si
nascondevano ogni volta dietro i “ma”, i “però”, i “forse”,
i “non sono convinto”...».
D'altronde,
non sarebbe Gaetano Saffiotti; non sarebbe quell'imprenditore che
rifiuta le convenzioni economiche a cui avrebbe diritto come
collaboratore di giustizia. Non sarebbe quell'Uomo di Calabria che
rifiuta l'appellativo di eroe
con sdegno.
Non
sarebbe Gaetano Saffioti se non fosse cosciente della sua condizione,
che lo rende davvero libero. «...ma
è nella mia testa e nel mio cuore che mi sento finalmente libero. E
ora guardo liberamente al mio avvenire e all'avvenire della
collettività. Ho fatto una scelta creando quel confine e alzando
quel muro. Ho scelto di morire da uomo libero...».
Nessun commento:
Posta un commento